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La Verità Proibita

Scritto da: Juliet Linley alle 22:21 del 23/03/2011

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Cara Juliet, 

Volevo condividere alcuni pensieri con te e le tue lettrici/lettori, in seguito ad un convegno tenutosi in questi giorni all'istituto Seraphicum di Roma. Il titolo era “La Verità Proibita” -- cioè quel divieto a riconoscere il trauma infantile; la diffusione della violenza sessuale e gli enormi costi sociali ed economici che tutto questo comporta nel momento in cui i bambini diventano adulti portatori di disagi.

Le sensazioni che ho provato e la consapevolezza che ho acquisito dopo questo convegno, mi hanno portato, fortunatamente, a riflettere su alcuni fattori fondamentali come la crescita sana e sicura di un bambino; le mie debolezze e la reale responsabilità che ogni essere umano dovrebbe avere bene in mente prima di diventare genitore.

Si è parlato di traumi infantili in tutte le forme, dai più gravi come le violenze sessuali a quelli meno evidenti ma comunque responsabili di patologie importanti. E non è stato facile rendersi conto di vivere in una società (e di aver vissuto in una famiglia) dove il peso del conflitto familiare viene spesso attribuito al figlio e dove le difficoltà del figlio dipendono dal fatto che non ha saputo accettare le regole familiari e tollerare l’inevitabile frustrazione connessa alla crescita -- quando invece la causa del disagio va ricercata nel tipo di accudimento che gli esseri umani riservano ai loro figli. 

Mi sono pienamente identificata con la teoria del “falso se” secondo cui il dramma del bambino ha origine nella sua capacità di cogliere i bisogni inconsci dei genitori e di adattarvisi, mettendo a tacere i suoi sentimenti più spontanei (la rabbia, l’indignazione, la paura, l’invidia) che risultano inaccettabili ai “grandi”. In tal modo viene soffocato lo sviluppo della personalità più autentica.

Al bambino manca lo spazio in cui potrebbe vivere i suoi sentimenti e le sue sensazioni. Il bambino sviluppa allora quegli atteggiamenti di cui la madre ha bisogno, atteggiamenti che al momento gli salvano la vita (ossia gli assicurano l’ “amore” del padre o della madre) ma che alla lunga gli impediranno di essere sé stesso. In tal caso, i bisogni naturali tipici dell’età del bambino non vengono integrati nella personalità, ma vengono scissi o rimossi.

Prendere coscienza di traumi così grandi mi ha spaventato e successivamente indignato -- e per questo mi ha anche consentito di capire da dove derivano le mie debolezze, le mie lacune e credo veramente che un percorso del genere debba essere compreso e condiviso da tutti al fine di vivere meglio e di crescere figli SANI senza costringerli a dover subire i nostri “mostri” mai affrontati!

Grazie,

S.

123/03/2011

La Teoria del Deficit Parentale

Scritto da: Juliet Linley alle 21:59 del 23/03/2011

"Negli anni Trenta del secolo scorso, Konrad Lorenz scoprì che i piccoli soggetti a cure parentali si legano ai genitori attraverso l’imprinting e che l’insistenza con cui riguadagnano la distanza da essi, ove si trovino a essere separati, è dovuta all’obbligo di avere salva la vita rispetto ai predatori che attentano alla loro vita. 

John Bowlby, trent’anni dopo, estese il concetto ai bambini, chiamando comportamento di attaccamento la tendenza di questi a legarsi e a disperarsi se separati dalle madri e affermò che alcune patologie adulte dipendono dal cattivo esito dell’attaccamento infantile: madri sfuggenti creano figli insicuri. 

Alice Miller, negli anni Ottanta, mise in luce che gli adulti della specie umana trattano con freddezza o crudeltà i propri figli in conseguenza del modo in cui essi stessi furono cresciuti e che l’intero ventaglio della patologia psichica, come della delinquenza mondiale, dipende dalla trasmissione trans-generazionale di questi atti ostili inconsci. 

La teoria del deficit parentale mette insieme i pezzi, aggiungendo una motivazione darwinistica: gli esseri umani espongono la prole a stress psichico per costituire gruppi coesi e combattivi attraverso le risposte di dipendenza e aggressività attivate dal deficit affettivo. A livello oggettivo questo ha reso l’uomo vincente su ogni altra specie animale e alcuni gruppi umani dominanti sugli altri. 

A livello soggettivo ha creato la nevrosi, intesa come conflitto fra motivazioni in contrasto, prima fra tutte quella di ricercare rassicurazione presso lo stesso soggetto che ha ingenerato l’allarme."



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Genitori, se anche la severità va punita
La battaglia contro lo sculaccione non è ancora vinta che già la pediatra e deputato Edwige Antier apre un nuovo fronte, quello contro «la violenza psicologica e le sofferenze morali» inflitte ai bambini. Nella nuova proposta di legge presentata venerdì dalla parlamentare parigina, accanto alla proibizione dell’uso della forza fisica c’è quello di umiliazioni e atteggiamenti troppo severi che possano incutere paura ai bambini, soprattutto da parte dei genitori ma anche di maestre o di qualunque figura depositaria dell’autorità. «Il mio progetto è ispirato al delitto di violenza psicologica coniugale, che ha aperto la strada a una più ampia attenzione verso tutte le forme di sopraffazione», spiega la pediatra. Per chi trasgredisce nessun intervento penale ma una sanzione civile. Il 29 giugno scorso, dopo circa sei mesi di dubbi e molte critiche da parte di magistrati e psicologi, il Parlamento francese ha approvato all’unanimità la legge che punisce non solo la violenza fisica ma anche quella psicologica all’interno del matrimonio. I dubbi si concentravano soprattutto sulla difficoltà di definire che cosa sia «violenza psicologica» e sul rischio che questa nuova e evanescente forma di delitto potesse essere strumentalizzata nelle cause di separazione. La Antier, sostenuta da una ventina di deputati, vuole adesso estendere le stesse tutele anche nel rapporto tra genitori e figli. L’occasione per la presentazione della proposta di legge è stata l’anniversario della Dic hiarazi one dei di ritti del bambino (approvata dall’Onu il 20 novembre 1959) e, ieri, la Giornata mondiale dell’infanzia. A sostenere l’iniziativa della Antier c’è l’associazione Oveo (Observatoire de la violence éducative ordinaire), che ricorda come «i bambini sono oggi, in quasi tutti i Paesi del mondo, la sola categoria di esseri umani che sia permesso colpire legalmente». Ventinove Paesi (tra i quali le nazioni scandinave, la Gran Bretagna, Spagna e Portogallo) sui 47 del Consiglio d’Europa hanno già proibito lo sculaccione, e in Francia molti deputati stanno cercando di introdurre lo stesso divieto. Nell’aprile scorso alcune personalità, tra le quali Claudia Cardinale, Mikhail Gorbaciov e la regina Silvia di Svezia (il primo Paese a proibire le punizioni corporali nel 1979) hanno lanciato una petizione per estendere in tutta Europa il divieto dell’uso della forza sui bambini, e nei prossimi giorni sarà lanciato un’analogo appello contro le violenze psicologiche e le sofferenze morali inflitte all’infanzia. Come all’inizio della battaglia contro lo sculaccione e contro le violenze psicologiche all’interno del matrimonio, si sono subito levate le voci degli esperti che giudicano irrealizzabile o controproducente un divieto simile. Che cos’è una violenza psicologica sui bambini? Niente televisione per un giorno, o sgridate che fanno più male di uno schiaffo? Chi può giudicare, e come? Marcel Rufo e Aldo Naouri, i più noti esperti dell’infanzia francesi, sostengono che la tendenza a colpevolizzare i genitori è pericolosa perché rischia di delegittimarli e di interrompere un processo oggi fondamentale: il ripristino di una gerarchia e di una comunicazione verticale tra adulti e bambini. Per la Antier occorre distinguere tra dovere educativo e sfogo delle frustrazioni. «La violenza educativa ordinaria non è considerata un problema — ha detto al Figaro —. Una vecchia giurisprudenza privilegia il diritto di correzione». La violenza psicologica sarebbero «parole e atti che cercano di ferire volontariamente i bambini». La pediatra raccomanda come unica punizione di mandare i bambini nella loro camera e , q ua ndo cominci a l’adolescenza, di spiegare con pazienza il motivo della punizione. Presto il dibattito in aula su come insegnare l’educazione ai bambini senza ferirli.


31/03/2011

Adulti Che Non Sono Stati Amati (Parte I)

Scritto da: Juliet Linley alle 22:55 del 31/03/2011

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Lo psicoterapeuta Andrea Vitale è specializzato nel modo in cui le nostre esperienze d'infanzia ci affliggono da adulti. Ecco la prima parte di un'intervista che ho realizzato con lui.

"La personalità di ciascuno di noi si forma nei primi tre anni di vita, durante i quali il cervello è molto plastico e pronto a apprendere quanto ci si possa fidare degli altri, quanto ci si debba chiudere verso di loro, quanto li si possa amare o temere o odiare. Nessuno da adulto ricorda nulla di quel tempo, e non sa cogliere il collegamento che esiste tra quel che gli accadde in quel tempo e quel che gli accade oggi. 

Per lui, cioè per ciascuno di noi, è “come se fossimo stati sempre così”, mentre il modo in cui viviamo e le sensazioni che abbiamo sono per larga parte la conseguenza di come siamo stati trattati quando eravamo interamente “nelle mani” di qualcun altro. La nostra scuola di pensiero nasce per dare una risposta al disagio e alla sofferenza che vediamo nelle persone adulte, dall’ansia alla violenza, dalla solitudine al senso di inadeguatezza." 

-- Quali sono le linee guida di comportamento verso i bambini che suggerirebbe ad un neo-genitore?

"Un bambino nasce per cercare amore e protezione dai genitori e il suo sviluppo dipende da come viene accolto. Questo secondo la teoria dell’attaccamento, elaborata dallo psicoanalista John Bowlby. Se i suoi bisogni vengono interamente ascoltati, se è amato e coccolato, se non è fatto piangere di giorno o di notte, se non si sente mai abbandonato – da parenti, all’asilo, nel box, nel lettino di sera – allora si trasformerà in un adulto sicuro di sé e capace di amare gli altri e i propri figli. 

Se invece, come quasi sempre accade, questi bisogni vengono anche solo in parte negati e respinti, o giudicati “eccessivi”, si trasformerà o in un adulto ansioso e dipendente dagli altri, o in un adulto affettivamente chiuso, incapace persino di desiderare di mettere al mondo dei figli."

-- Come mai tante persone hanno difficoltà ad accettare questo?

"Perché questo fu il destino riservato ai loro bisogni. Chi non è stato amato, di solito è “automaticamente” incapace di amare, o almeno di amare un bambino. Tende a rifare con lui ciò che subì e accompagna questo trattamento dicendo “Io alla tua età sapevo già fare questo e questo…”, oppure: “Ringrazia che ti tratto in questo modo, perché a me nessuno fece sconti o favori”. 

Ciascuno di noi trova ingiusto e orribile far piangere un uomo, o percuoterlo, e allora perché questo è il trattamento che riserviamo ai nostri bambini? I bambini sono più fragili degli adulti e se dunque è giusto trovare immorale e ripugnante far piangere un uomo, come si può trovare normale e giusto far piangere un bambino?

Inoltre è abbastanza ovvio che se cresciamo i nostri figli nel pianto “educativo” e nel dolore “giusto”, avremmo indotto in loro il pensiero che a questo mondo non ci si deve aspettare di essere amati. In questo modo, quando saranno diventati grandi, e avranno dei figli, non potranno che riprodurre il solo modello di relazione che hanno appreso, cioè quello di negare l’amore anziché darlo."
31/03/2011

Adulti Che Non Sono Stati Amati (Parte II)

Scritto da: Juliet Linley alle 23:00 del 31/03/2011

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Ecco la seconda parte della mia intervista con lo psicoterapista Andrea Vitale:

-- Quali sono le manifestazioni più comuni negli adulti causati da un non-attaccamento durante l'infanzia?

"Oltre ai noti fenomeni “psicopatologici”, come ansia, depressione, irosità, ritiro sociale, bassa autostima, disturbi sessuali, alimentari o dello studio, i problemi principali sono legati alla capacità di amare e al piacere che ne deriva. Tutte le persone che lamentano di non trovare la compagna o il compagno giusto, o di essere legati a persone che le svalutano o che le maltrattano, o che sentono di maltrattare o rifiutare le persone che gli si offrono affettuosamente, o che hanno rinunciato a legarsi in modo intimo e duraturo con qualcuno, scontano gli effetti della “fiducia tradita” nell’infanzia. 

Un cane maltrattato da cucciolo diventerà diffidente e rabbioso verso gli esseri umani e nello stesso modo ogni bambino che abbia appreso che i suoi bisogni non possono essere riconosciuti, si chiude in un mondo di dolore, rabbia e rassegnazione dal quale difficilmente riuscirà poi a uscire. Non dico che resterà per questo sempre isolato e silenzioso, ma sentirà che per quanto abbia un rapporto di coppia e un partner reale cui è legato, la sua vera intimità, i suoi veri bisogni, restano di solito nascosti e celati. 

Si possono passare anche cinquant’anni in coppia senza mai rivelare se stessi. Si asseconda inconsciamente l’altro recitando un ruolo non spontaneo, e lo si induce a fare lo stesso, senza mai chiedersi se dietro questi reciproci atteggiamenti ci sia vero amore o solo paura di essere nuovamente abbandonati." 

- Quali sono i costi sociali di adulti portatori di disagi?

"La nostra società si sforza di insegnare il rispetto autentico e profondo per gli altri, il riconoscimento e l’attenzione dei loro bisogni. Ma se questo atteggiamento non è anzitutto rivolto ai bambini, tutto diventa più difficile, o addirittura inutilmente riparatorio, perché un ex bambino non ascoltato diventerà un adulto chiuso e diffidente, incapace di dare attenzioni agli altri e di ricevere le loro. In questo caso parlerei di “costi esistenziali”, che sono incalcolabili, perché a ciascuno è stata tolta la sua vera vita. 

I costi sociali sono invece legati da un lato alla violenza e alla repressione della violenza, dal bullismo di scuola alle organizzazioni criminali, dunque alle carceri e ai sistemi giudiziari. Dall’altro riguardano la debilitazione psichica, quindi i costi degli istituti di cura psichiatrica, dei centri di igiene mentale, delle comunità di recupero per drogati e alcolisti e dei farmaci per l’umore, che rappresentano la prima voce nella produzione delle case farmacologiche.

- Chi ha avuto una mamma anaffettiva spesso ha problemi nel vivere serenamente il rapporto di coppia. Come si possono aiutare queste persone a lasciarsi dietro il loro passato?

"Come aiutarli a lasciarsi davvero dietro il proprio passato è facile e difficile nello stesso tempo. È facile perché si tratta in realtà semplicemente di andare incontro a questo passato e ritrovarlo, e posso garantire che se si è accompagnati dalla persona giusta non è un’operazione né lunga né traumatica. Solo tornando da adulti nel nostro mondo infantile possiamo trasformarlo e agire sulla quella memoria corporea che fu costruita in noi nei primi tre anni di vita. 

Ogni psicoterapia “ben fatta” è là che reca e insegna a vedere e a trattare i vecchi problemi in modo nuovo. È difficile perché solo una minima parte di persone accetta di “andare in terapia”, dal momento che la sua fiducia nel prossimo – in un prossimo che dovrebbe entrare veramente nel suo intimo – è andata davvero per sempre perduta." 

- Come si fa a rompere il ciclo e non ripetere le stesse 'crudeltà' dei propri genitori?

"Di solito questo avviene automaticamente in un dieci per cento della popolazione. Si tratta delle personalità biologicamente più forti che non hanno mai veramente “digerito” l’ingiustizia del trattamento ricevuto quando erano piccoli. Queste persone trovano immorale agire da forti coi deboli e da deboli coi forti e quando si trovano a avere dei figli, sentono istintivamente sbagliato il consiglio che di solito proviene da chi gli sta intorno. “Fallo piangere” gli sembra ingiusto e impossibile da fare, perché… si commuovono! Anche se non sanno dire perché. 

L’antica voce del bambino ferito non è morta del tutto, e può aiutarli a non ripetere gli errori che furono commessi con loro. Molte persone riscoprono se stesse e il proprio dolore di bambini infelici chiusi nel corpo di un adulto efficiente, solo quando vengono a contatto coi bisogni dei propri figli. Esiste naturalmente anche la versione opposta, e cioè di crollare psicologicamente in seguito alla nascita di un figlio. 

Il dolore e lo stress dovuti al fatto di essere messi di nuovo a confronto coi proprio bisogni rimossi, fa implodere la personalità in una depressione o in una breve psicosi. Nella mia esperienza ho imparato però che molte persone sono estremamente sensibili a questi argomenti, dunque ritengo che una diffusione più capillare di semplici notizie possa sensibilizzare molte persone e aiutarle a essere più indulgenti con se stesse e coi propri bambini.

Consiglio infine a chiunque di leggere un qualunque libro di Maria Montessori o di Alice Miller, per trovare raccontate con grande ricchezza di dettagli tutte le questioni accennate qui."


30/03/2011

E Se Tu Fossi Quel Bambino?

Scritto da: Juliet Linley alle 21:11 del 30/03/2011

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Uno psicologo mi ha mandato un paio di links riguardo il metodo più diffuso nel mondo industrializzato per 'insegnare' ai bambini ad addormentarsi da soli.

Sfido chiunque a dirmi che non rimane sconvolto dalle urla disperate del bambino -- e dall'angoscia della mamma.

Guardo prima questo video e poi questo e mi chiedo cosa ci vorrà, per far finalmente capire ai genitori di oggi che i bambini vanno accuditi anche di notte.

Mi chiedo cosa ci vorrà per far sì che smettano di trattare i figli con crudeltà semplicemente perché i piccoli non riescono a fare qualcosa che fa paura (dormire soli al buio e senza qualcuno che risponde quando cercano rassicurazioni e/o compagnia).

Chiedete in giro. Non esistono bebè o bambini piccoli che automaticamente si addormentano da soli, al buio, senza un essere umano vicino. 

E allora, perché questo accanimento? Perché sentiamo costantemente mamme e papà lamentarsi?

Nove mesi di gravidanza possono sembrare lunghi, e a volte anche molto scomodi, ma nessuno penserebbe di tentare un parto prematuro per liberarsene prima, no? I tempi sono quelli, punto e basta.

Non siamo noi, forse, a dover cambiare le nostre aspettative? Non siamo noi, forse, a voler imporre a loro una disciplina che non rientra nella norma dei tempi dello sviluppo?

Quali altri cuccioli al mondo vengono messi in disparte e fatti addormentare per forza lontani dai genitori? Non è naturale.

E in fondo, tutti i genitori sanno benissimo che se si sdraiano con i figli o li abbracciano, il sonno arrivo con molta più serenità.

Perché non possiamo accettarlo e basta?

Perché non abbiamo tempo per sdraiarci con i nostri figli la sera? Perché non abbiamo né la pazienza, né la voglia di farlo? 

Perché siamo troppo egoisti?

E allora peggio per tutti. Lo sconforto emotivo che si vede chiaramente in questi video segnano le persone a vita.

Infondo, pensa se fossi tu quel bambino.